Squilibrio

Mio carә lettorә, è passato un po’, che sia troppo o troppo poco non sta a me dirlo, ma mi fa piacere essere qua a scrivere ancora qualcosa.
Non è facile questa volta, non perché non abbia niente da dire, questo difficilmente succederà, ma non so come esprimerlo.
E’ stato un mese molto lungo, e come sempre molto breve forse. Il tempo rappresenta sempre un’incognita, o almeno la sua percezione. Sembra di essere nel film “Interstellar”, in un pianeta che si affaccia sull’orizzonte degli eventi di un buco nero.
È una realtà all’apparenza immutabile, sconnessa dalla quotidianità del nostro mondo, dove spazio e tempo sembrano veramente unirsi in modi diversi dei nostri.
È una realtà che fa sorridere e pensare.
Smartphone sono all’ordine del giorno, negozi che vendono powerbank e caricatori con piccoli pannelli solari si trovano in tutti i mercatini a fianco dei venditori di cesti di frutta e verdura. Pullman e piccoli furgoncini attraversano le strade seguiti da carretti a tre ruote trainati da buoi. Polli che crescono liberi tra le case della missione e polli in piccole gabbie che in tre settimane sono adulti pronti ad essere venduti. Animali nutriti naturalmente e animali nutriti con i peggio composti chimici presenti sul mercato.
Vecchie macchine aggiustate all’inverosimile con a fianco automobili nuove che percorrono strade sterrate al cui confronto l’E45 pare la strada migliore del mondo. Terre fertili, verdi e ricche da un lato e dall’altro zone aride, rosse, in cui le persone provano a sopravvivere, sperano nelle piogge e nell’allevamento di poche mucche che sembrano carcasse che camminano. Grandi macchinari importati dall’estero sempre più frequenti, ma nessuno che sappia aggiustarli, o riesca a ricreare le parti di ricambio.

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Squilibrio forse è una definizione approssimativa ma rende l’idea che ti balena nella mente quando vedi queste cose. Uno squilibrio che spinge la società ad arrancare per rimanere in piedi.
E in mezzo a questo caos eccoci qua.
A chiederci come agire.
Su cosa devi puntare, come fai a trovare una linea d’azione giusta in un mondo in cui tutti vorrebbero andarsene, diventare ricchi come i paesi occidentali quando manca la base d’azione.
Ed ecco che in mezzo a questo discorso sconfusionato, senza capo né coda, due giovani ragazzi con una nuova consapevolezza e una piccola scelta.

Cercare di vivere di più la gente del posto, assaporare questa cultura divisa tra tradizione e globalizzazione.

Una bellissima giornata l’abbiamo passata facendo una bella camminata attorno a questa missione, godendoci la natura e soprattutto staccando dalla missione un paio di orette. Il paesaggio è già cambiato da quando siamo arrivati. Tutto è più arido, non piove da tre mesi, il verde sta lasciando il posto al giallo, e dopo un mese in cui le temperature assomigliavano al nostro Novembre, iniziano di nuovo le belle giornate. In seguito, tornati a casa, abbiamo ricevuto una lezione di cucina tradizionale. Abbiamo chiesto ad una cuoca dell’ospedale, eccezionale aggiungerei, da cui compriamo del cibo ogni tanto, di insegnarci un po’ della cucina del posto.
Un paio di ore per insegnarci due piatti: Involtini fritti con ripieno di soia e verdure chiamati Samosa (versione zimbabwana), e un bel pollo fritto a pezzi.


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Terminata la lezione, ci siamo offerti di accompagnarla a casa e una volta arrivati, ci ha presentato tutti e invitato per un giorno futuro a mangiare tutti insieme, cosa che non mancheremo di fare.
Poi abbiamo raggiunto Loth, un incrocio tra la via che porta alla missione, via dedicata a Marilena Pesaresi, e la statale, pieno di venditrici di frutta e verdura.
Lo scenario che si presenta è questo: non fai tempo a scendere dall’auto che un numero consistente di donne ti si approccia con cesti pieni di frutta e verdure esortandoti a comprare. Tutto meravigliosamente ad un dollaro. Ci vuole sempre un po’ perché ognuno deve mostrarti i frutti del suo raccolto e tu vai solo con l’idea di comprarti un kg di pomodori e torni a casa con 10 ceste per mano. Tornati a casa abbiamo passato un po’ di convivio con Massimo e Luciano prima di cena, che a causa di faccende ospedaliere è iniziata alle 23. Ovviamente pizza, la pizza più buona dello Zimbabwe è ad All Souls, in casa Migani.

Quattro persone sedute al tavolo a mangiare pizza con speck, dono del precedente gruppo di medici, bere vino e tante risate. Ci siamo coricati all’una e mezza, cosa che non succedeva da quando siamo arrivati.
Ed ecco un altro sorriso che spunta, un buon ricordo che si imprime nella mente e si aggiunge agli altri che sto collezionando in questa esperienza, in questo mondo alternativo che è questa missione sperduta nel mondo.