Maschere

In questi due anni ci siamo abituati ad indossare la mascherina anche per ore. A lavoro ormai io non mi accorgo nemmeno più di averla e la porto 12 ore.
Oggi questa cosa mi fa molto pensare, metaforicamente, alle maschere che ognuno di noi indossa ogni giorno. Penso a questo perché, anche se breve, questo periodo trascorso qui ha avuto l'immancabile crudeltà di far crollare alcune delle mie.
È quello che ho sempre amato di più della missione, del mettersi al servizio dell'altro, ti viene richiesto ciò che tu sei. Nulla più.
E mi rendo conto che in questi due anni di distanziamento sociale, che io preferisco sempre definire emotivo, la situazione in cui ci siamo ritrovati non ha fatto altro che alimentare la difficoltà relazionale, con noi stessi e con gli altri. Credo sia normale quando tutto ciò che conosci dall'oggi al domani cambia, quando tutti i progetti stagnano, e il domani non è più certo, si ha il bisogno di costruire, anche se solo nella propria mente, degli schemi difensivi. Dei muri, delle roccaforti, che proteggano dall'inaspettato, dal dolore, dalla solitudine, dalle aspettative disattese, dall'incertezza. Che mascherino un tempo fermo che non riesce più a coprire le domande vere del nostro cuore. La routine che ognuno di noi si costruisce per fuggire dalle situazioni scomode di cui siamo, spesso per scelta, vittime, è crollata. E allo stesso tempo è venuto a mancare l'incontro con le persone, vettore fondamentale nel percorso verso la conoscenza di noi stessi. Toccarsi, abbracciarsi, parlarsi senza uno schermo come tramite era proibito e in fondo la memoria del cuore passa anche dal contatto.
Da qui parto per dire che durante la pandemia mi sono resa conto di non essere felice, non a pieno, non a quella felicità a cui mi sono sempre promessa di ambire. Questo interrogarmi mi ha portato alla comprensione vera del mio desiderio di partire, nel sentirlo ardere dentro me come un fuoco incessante.
La situazione lavorativa che stavamo vivendo durante la pandemia mi stava facendo perdere ogni briciola di energia positiva, e come ho già scritto precedentemente... essere qui è davvero per me respirare di nuovo.
Come un paziente in pieno distress respiratorio con gli occhi sbarrati ti guarda incredulo, non comprendendo come, pur respirando, la fame d'aria non si plachi, così la mia anima, mi urlava esausta come rimanere in certe situazioni possa solo privarti, piano piano, dell'ossigeno necessario a vivere.

Cambiare a volte è solo volersi bene.

Spingersi oltre i propri limiti è solo conoscersi davvero.

E ora che sono qui e non ho tanto con cui agghindare le mie giornate, ora che qui, non sono Federica, quella che tutti conoscono, proprio qui, piano piano, quelle maschere cadono.
Mi stupisco, non pensavo di averne messe su così tante.
Eppure in un contesto simile, fuori dalla mia confort zone, mi sono resa conto che posso contare solo su chi sono veramente..e che forse solo spogliandomi di tutte quelle cose superflue e aggiuntive che arricchivano la mia giornata e i miei pensieri, posso funzionare davvero.
E arrivare dove voglio arrivare.
Essere chi voglio veramente essere.


“ Mi si fisso invece il pensiero
ch’io non ero per gli altri quel che fin’ora,
dentro di me,
mi ero figurati di essere. ”

Luigi Pirandello, Uno Nessuno Centomila