All Souls Mission

UN ACCENNO DI STORIA


Ci troviamo in Zimbabwe, uno stato dell’Africa sud-orientale, al confine tra Zambia, Sud Africa, Mozambico e Botswana. La capitale è Harare e a circa 170 km si trova “All souls mission”, il luogo dove passeremo il nostro prossimo anno.
La missione è inserita nel contesto di un piccolo paesino, Mutoko, che conta circa 12000 anime ed è stata costruita su di un altopiano a una ventina di km.
La missione ruota attorno all’ospedale, il Luisa Guidotti Hospital, che nel 1983 prende il nome dalla dottoressa per la cui causa sacrificò la vita.
Luisa Guidotti, infatti, arrivò nel 1965 ad All Souls Mission insieme a Marilena Pesaresi, e per anni aiutò indiscriminatamente chiunque necessitasse di cure mediche.
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Il 6 luglio 1979 dopo aver accompagnato una donna durante un parto difficile all’ospedale di Nyaidiri, incontrò un posto di blocco poco distante dall’ospedale e fu uccisa da alcuni colpi di fucile della polizia Rodesiana. Tutt’ ora nel luogo della sua uccisione, a poca distanza dalla missione, si erge una croce bianca, per ricordarne il sacrificio.
La Dott.ssa Marilena Pesaresi, che nel frattempo si era spostata in Zambia, tornerà in seguito all’appena rinominato “Luisa Guidotti Hospital” e con l’aiuto di amici e colleghi in Italia riuscirà a portare avanti il lavoro di Luisa, e là, dove sorgeva una struttura sanitaria composta da cinque capanne, ora sorge un ospedale che conta 120 posti letto, un orfanotrofio e un asilo per i bambini.
La missione ora è gestita dal Dr. Massimo Migani che dal 2010 vi ci vive, e dal 2014 è il Direttore dell'ospedale.
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Claudio: Che dire. Il mio primo viaggio nel 2017 fu proprio qui, ad “All Souls Mission”. Dopo un paio d’ore di macchina, più le 12 di aereo, arrivammo in missione che era buio, ed è tutto più strano al buio, senza lampioni, perché non capisci veramente niente.
Il posto in cui dormivo si compone di una struttura quadrata, un piccolo ostello, con un cortiletto interno da cui passare per accedere alle camere. Conta circa sei camere più una cucina e i bagni comuni. La mia stanza era abbastanza grande, composta dal mio letto con la zanzariera appesa, un armadio e una scrivania, fedele compagna nei giorni successivi per scrivere i resoconti delle giornate.
Ero affamato e stanco dal lungo viaggio e per mangiare siamo andati a casa di Massimo, in uno dei tanti appartamentini costruiti per il personale dell’ospedale. 
A pancia piena, ci spiegò cosa avremmo fatto, come avremmo strutturato le nostre giornate e gli orari.
Terminata la serata mi ha dovuto ridire dove dormivo perché mi ero già disorientato, nonostante la mia stanza fosse a distanza di 30 metri da casa sua.
L'indomani mi svegliai presto, probabilmente per l’emozione, e vissi l’impatto della missione da solo uscendo dall’ostello e facendo due passi.
Il paesaggio che mi circondava era fatto di terra un po’ secca, qualche mucca e gallina qua e là. Ai limiti della missione si estendeva una grande strada sterrata da cui arrivavano i bambini, carichi di cesti di frutta e verdura, pronti ad andare porta a porta per vendere. Sembrava di esser stati catapultati in un altro mondo, o meglio ancora non mi ero accorto di esserci arrivato. Un mondo che solo dall’aspetto definiresti più semplice, più essenziale e anche più duro. Mi ricordo quei bei vestiti colorati, le donne piene di cesti coricati sul capo, colmi di cibo e vestiti, i ragazzini che andavano a prendere l’acqua alla fontanella sorreggendo taniche grandi quanto loro. E i bambini, che dal primo giorno, vedendomi, mi corsero incontro e mi saltarono addosso, parlandomi in inglese e dicendomi i loro nomi decisamente non facili da ricordare. Sedersi con loro su quella terra calda, rossa, in mezzo a quei profumi e a quei colori…
Dal primo giorno, dopo 20 minuti al Luisa Guidotti Hospital a “All souls Mission”, Mutoko, 

ne ero già affascinato. 



Federica: Quando sono arrivata ad Harare la prima volta cercavo l'Uganda e il pezzo di cuore che ci avevo lasciato.
Chi è stato Kampala sa che nonostante sia la capitale dell'Uganda è ancora una metropoli piuttosto tipica e solo in parte occidentalizzata.
Ricordo ancora le lunghe ore di fila in mezzo a coloratissime e polverose bancarelle rimediate ai bordi della strada principale. Lo schiamazzo del fiume di gente e la terra rossa che si alzava ad ogni passo. Immettendomi in mezzo a quel caos ho respirato subito l'Africa.
L'impatto con Harare è diverso, lo Zimbabwe ha conosciuto uno sviluppo socio-economico ben più consistente ed importante dell'Uganda e la sua capitale è una metropoli molto simile alle nostre.
Ero spaesata, dov'è la mia Africa? Mi chiedevo..
È un po' come un pugliese che viene a lavorare in Romagna, anche se la cerca la Puglia non la troverà mai.
A volte anche come luogo comune diciamo che siamo stati in Africa non rendendoci conto che è un continente e che ogni stato ha una storia e un patrimonio culturale ben diverso. Usciti da Harare la mia attesa non tarda ad essere ricompensata e, come fosse ieri, ricordo la luna piena che si staglia sul profilo di quel paesaggio che mai come altro mi era mancato.
Qualche lacrima mi percorre le guance mentre il vento fresco della sera mi accarezza il viso.
Avevo promesso a me stessa che sarei tornata ed eccomi.
Arriviamo in missione che è buio e dopo 27 ore di viaggio ci sistemiamo in quella che sarà la nostra casa per tre mesi. Ricordo tutto di quei primi momenti, io che non ricordo mai nulla. La casa mi piace, sono innamorata al primo colpo d'occhio. Mi lascio cadere esausta sulla sedia e mi guardo attorno, arredata con oggettistica e decorazioni in stile africano, mi sento già a casa.
Penso che sono stremata ma sono felice.
L'indomani la comunità di All Souls ci accoglie nel migliore dei modi, tra feste, canti e balli. E' il tratto principale che mi ha sempre colpito di questi luoghi.. la capacità di condividere quel poco che hai con chi ti è accanto, anche se è straniero, non parla la tua lingua e ha la pelle di colore diverso.
La spontaneità e la genuinità di questa terra si respira ininterrottamente. 

Sono già rapita.

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