A piedi lievi
Quando abbiamo creato Orme di Pace avevamo ben chiaro che questo spazio virtuale non era pensato solo per noi. Lo scopo di questo blog non è altro che il raccontare storie di persone che hanno fatto scelte "diverse" o forse semplicemente fuori dall'ordinario. È per questo che, con immenso piacere, l'articolo di oggi parla di Anna e Gabriele, una coppia di amici, che ha fatto una scelta molto simile alla nostra. I nostri protagonisti di oggi hanno sempre avuto l'Africa nel cuore. Dopo diverse esperienze nella terra rossa, singolarmente e anche insieme, hanno capito che la missione è ciò che parla al loro cuore. Come per tutti, la pandemia ha arrestato i loro sogni, ma non li ha spenti. Così ad inizio Maggio sono partiti per il Brasile, che sarà la loro casa per 3 mesi, per capire e decidere se è il posto giusto per una scelta più lunga....il resto lo faccio raccontare a loro!
Scegliere l’America latina, perché? Forse non esiste una vera e propria risposta, sicuramente per aprirci, nella mente e nel cuore, per cambiare e per rinnovarci.
Nell’immaginario collettivo quando si pensa al Brasile si pensa alle spiagge di Rio, alla sconfinata foresta amazzonica e alle celebri favelas; in realtà nel poco tempo in cui siamo stati qui abbiamo scoperto quanto può essere vario e immenso un paese che assomiglia più a un continente. Prima di tutto le distanze, spostarsi di almeno un’ora di autobus per raggiungere il centro è la cosa più normale. Tutto è lontano, tutto richiede tempo e in questo caso anche denaro, così si è obbligati ad allenarsi nel saliscendi che caratterizza il paesaggio intorno.

Essere qui significa entrare con calma, passo dopo passo e con piedi lievi, in una cultura molto diversa dalla nostra, nelle abitudini e nella vita di tutti i giorni. Questo richiede tempo ma forse un ottimo modo per iniziare è il cafè da tarde che accompagna l’arte dell’accoglienza.
Se si è in giro nel pomeriggio capita di andare a trovare qualcuno, invitati o meno, e sedersi a tavola di una casa luminosa e ariosa o piena di muffa e cupa. Ed ecco che inizia a comparire un po’ di pane, della frutta, un torta, il tutto accompagnato dalla domanda più tipica: quere un cafesinho? Ed ecco che un semplice momento pomeridiano diventa un tempo di condivisione in cui parlare, raccontarsi, fermarsi. Fermarsi e stare, abbandonando quello che si sta facendo per dedicarsi totalmente all’accoglienza. Ognuno, in ogni parte di questa regione, avrà cura di offrirti un buon caffè e un po’ di sé. L’arte dell’accoglienza, il saper donare il proprio tempo a chi viene da fuori è un modo di avvicinarsi senza il bisogno di vederti straniero.

Dona Zita con i suoi racconti di vita e di famiglia, Wilson che ci offre un passaggio senza conoscerci e ci regala parte di ciò che aveva appena comprato in panetteria, o Marlì, la nostra vicina, che non manca al suo desiderio di offrirci un cafè nella sua semplice casa.
Donare per donare, un circuito di bene continuo, dove anche un contenitore, come ci ha insegnato Cristina, non ritorna mai vuoto se lo si è ricevuto pieno.
E così tra una lezione e l’altra di portoghese, si continua a conoscere questa terra che nasconde più di quanto racconti, che in modo velato si mostra ma mai fino a vederne lo sfondo.